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      Un altro dei pochi che non arrivano completamente nuovi a questo argomento è S. A. Luciani (Dolce stil novo, «Tribuna», 22 febbraio 1928). La conoscenza che egli ha dei precedenti gli fa trovare naturalmente la mia tesi molto ovvia. Dopo aver riassunte le mie idee, egli scrive: «Da quanto si è appena accennato si può facilmente argomentare quale importanza oltre che letteraria, filosofica e storica abbia il Linguaggio del Valli, libro geniale e suggestivo, che può essere l'inizio di una nuova e più esatta valutazione di tutta l'arte del Medioevo».
      Egli fa due riserve, l'una sulla possibilità che la Pietra sia una donna reale (ma di questo non dà nessun argomento), l'altra sulla possibilità che ci possano essere poesie originariamente erotiche, ridotte poi a significato mistico, cosa che io sono lontano dal negare in modo assoluto: per il famoso sonetto «Tanto gentile» la mia tesi è molto simile alla sua.
      Importante e lucidissima mi sembra la formula riassuntiva del Luciani secondo la quale «si tratta qui come in tutta l'arte medioevale dell'incarnazione di un'idea, non dell'idealizzazione di una realtà». Egli conclude accennando a eventuali attenuazioni della mia tesi: «Il Valli ha dato in verità un colpo di timone troppo brusco alla nave della critica ufficiale, perché essa non dovesse sbandarsi. È cosa inevitabile tuttavia che questa nave muti rotta una buona volta».
      Pietro Negri («Ur», marzo 1928) è un profondo conoscitore di tradizioni. Considera il mio libro come uno «spezzone di gelatina» gettato in mezzo alle solite idee della scuola e mi indica, come argomentazioni nuove, alcuni ricollegamenti abbastanza importanti per quanto poco noti, di fatti e di idee del mondo iniziatico.


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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