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      In un codice dell'Acerba, là dove si parla della Fenice, il titolo usa lo stesso artificio scrivendo nella testata «De natura fenicis, assimilando ipsam virtuti» e dal contesto quella assimilazione non risulta affatto e vedremo che la «Fenice» è essa pure la santa Sapienza eternamente risorgente.
      (411) Vol. II, p. 287.
      (412) Ne celò.
      (413) Non è.
      (414) Vol. II, p. 296.
      (415) Vol. II, p. 290.
      (416) Di questi falsi commenti dei mottetti si hanno altri esempi. Uno di questi mottetti suonaLerbette son tre lettere che stanno
      in quel che poco dannosegli vien lem per esser la quarta
      come chi bocca per se forza squarta.
      Il commento spiega che R.B.T. «sunt tres lictere que morantur in illo, in quem si M venerit ut sit quarta modicum dampnum erit» (vol. II, p. 275). E spiega goffamente che nelle tre lettere si intendono rusticitas, bestialitas et transgressio, nelle quali, se viene M cioè morte, sarà poco male. Ma le tre parole sono evidentemente pescate per ingannare. Il Rossetti, che non conosceva il «Commento» aveva dato l'interpretazione giusta e ben più sapida. L'R.B.T. sono le tre lettere che stanno in Roberto (di Napoli, l'odio dei ghibellini) al quale se giunge la morte, sarà poco danno!
      (417) Sapere.
      (418) Puro di cuore.
      (419) In gran segreto
      (420) Vol. II, p. 300. Questa e altre simili frasi e molte oscure proposizioni e oscure figure e i palesi accenni al mistero in questa specie di libri ci fanno comprendere quale fosse il loro vero ufficio: dovevano essere libri che si facevano leggere soltanto agli adepti dei primi gradi i quali dovevano cominciare intanto a sapere tutto quello che apertamente si poteva dire e ricevere le prime istruzioni morali, ma nello stesso tempo dal senso di mistero dovevano essere invogliati a conoscere le più profonde spiegazioni che naturalmente si davano soltanto a voce e a chi si voleva (se accordati saremo), a chi era ritenuto puro (tutto netto) e a chi si impegnava al silenzio (e stretto). Si ricordi la donna di Tolosa trovata dal Cavalcanti (e che era una setta) che stava «accordellata e istretta».


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Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d'Amore
di Luigi Valli
pagine 879

   





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