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      Vidi villaggi che pareano ridenti, attraversai plaghe solitarie e vergini, e constatai che almeno nei boschi non mancano né l'aria né la luce.
      Diroccammo montagne, estirpammo foreste, erigemmo palazzi, per poi avere nulla; tale è la mia storia.
      Vidi che l'ingordigia e l'egoismo umano avvelenano ogni boccone di cibo, fan tristi le primavere, oscurano la gloria del sole, traviano e violano le leggi di natura, incitano alla delinquenza, accarezzano la corruzione, seminano l'odio e condannano gran parte dell'umanità a tutte le sciagure, a tutte le vergogne, a tutte le miserie.
      Tutto questo vidi e imparai, e siccome lo spettacolo mi aprí la mente, la scure mi fece forte il braccio, e il bosco mi irrobustí il petto, io mi dissi: io offro a te giustizia, a te libertà, la mente, il braccio e il cuore. Tal dissi e tal fu. Non sono piú il ragazzotto saputello. Sono l'uomo fiero e taciturno, che vede tutte le brutture, tutte le ingiustizie, l'uomo che combatte con ogni sua energia la presente società di lupi e di agnelli, pronto a slanciarsi senza un brivido e senza incertezze, nella gran pugna che sta per scoppiare.
      Cosí per me voleva il destino e la natura.
      Altro non mi resta che salutarti caramente. Saluta le zie, le cugine e tutti i conoscenti. Non impressionarti delle mie parole: sono sincere quanto serene.
      Accetta, cara zia, tanti saluti e baci che dalle piú profonde latebre del cuore ti manda tuo nipoteBartolomeo Vanzetti
     
      Charlestown, Mass. Box n. 100, 1 ottobre 1920.
      Carissimo padre,
      ho sempre frenato sino a oggi il desiderio di scriverti, perché ho sempre sperato di potere, da un giorno all'altro, darti buone notizie.


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Non piangete la mia morte
Lettere ai familiari
di Bartolomeo Vanzetti
pagine 234

   





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