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      Da quanto ho detto arguirai facilmente che io sto meglio dacché sono qui e che la mia prigionia è raddolcita dall'immenso conforto della stima e dell'amore di tanta gente.
      Qui hanno molta paura di me e sono ostili ai miei principi e ai miei compagni. Però non osano o non vogliono abusare - sarebbe, del resto, molto arduo perché io mi impongo, protesto e mi ribello. Alla prigione ero invece molto ben voluto. Due settimane fa, ho visto l'avvocato che è un pezzo grosso. Egli ride rumorosamente e si mostra ottimista - non garantisce né specifica alcunché - ma parla di deportazione. Non ho mai confidato nella giustizia costituita - e tanto meno confido ora, dopo la tragica esperienza avuta con quella meretrice. Ma il fatto sta che: l'avvocato è un uomo di grande influenza; lo Stato è stanco della nostra causa; gli uomini che ci processarono sono attualmente fuori d'ufficio; la gente è sempre piú in nostro favore; coloro che lo devono sapere sanno che non impunemente possono detenerci, e che è ora di farla finita.
      Tutte queste cose assieme giustificano la confidenza nella finale vittoria - in un non lontano futuro. E io sono sempre forte e... bazza a chi tocca - non mi hanno vinto ancora, non mi vinceranno mai. Coraggio quindi, cara zia Edvige, e cerca di stare di buon animo e di conservarti in buona salute. E abbiti i miei piú affettuosi baci e saluti. Tuo nipoteBartolomeo Vanzetti
      PS. Saluti affettuosissimi ai parenti e agli amici.
     
      6 maggio 1925
      Carissima Luigina,
      credo che a quest'ora sarete già stati informati del mio ritorno a Charlestown dopo che i dottori mi dichiararono perfettamente sano.


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Non piangete la mia morte
Lettere ai familiari
di Bartolomeo Vanzetti
pagine 234

   





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