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      Quello che farà, perché dopo tutto, tutto dipende ora da lui, il governatore, non lo posso sapere e ho poca fiducia. Una sola cosa so ed è che se con tutte le vere prove a noi favorevoli e le poche false a noi contrarie, lui ci mandasse a morte, sarebbe né piú né meno che un assassino anche lui - come gli altri. Chi lo conosce dice che egli è onesto, sincero e coraggioso. Io non lo conosco, e non ho nessuna volontà crederlo cattivo. E se è buono e coraggioso, non avrà la volontà di assassinarmi e punirmi per due atti dei quali ho dimostrato la mia innocenza e l'accusa non ha mai dimostrato la probabilità di una mia possibile colpabilità; e avrà il coraggio di disubbidire ai nostri potenti nemici e di darci giustizia: questo so; ma non ciò che farà. E perciò non posso dirvi di piú sul riguardo o su ciò che succederà.
      Di salute sto bene e qui, a parte le regole del posto, mi trattano molto bene; posso scrivere molte lettere; comprare cibi extra; e la Rosi viene a visitarci tre o quattro volte la settimana.
      La gente fuori fa tutto ciò che può. Per ciò non avviliamoci, ma stiamo di buon animo. Tanti baci al babbo, a Cenzina, Ettore e te. Vi abbraccio tutti. Tuo fratelloBartolomeo Vanzetti
     
      18 luglio 1927
      Carissima Luigina,
      ieri vennero a trovarmi Aldino, del comitato, e il signor Thompson. Pregai il primo di fare un telegramma a Giacomo Caldera, per voi. Se fu fatto, non occorre ridirvi il suo contenuto.
      Ho ritenuto, in un dato tempo, che l'evidenza del caso e la universale protesta alla sentenza di morte avessero indotto il governatore a voler vedere, comprendere e darci riparazione.


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Non piangete la mia morte
Lettere ai familiari
di Bartolomeo Vanzetti
pagine 234

   





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