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      E quando il re Arrigo entrò in Lione, che gli fur fatti molti archi, non fu mai messa la statua sua, ma o la Fortuna che gli offeriva lo scettro del Mondo, o la Gloria che gli porgeva la corona. Certi altri liberamente vi hanno posto le statue di quei signori o a sedere o a cavallo, o altrimenti come hanno giudicato esser più secondo il concetto di quella invenzione. Ma il dubbio è solo, dove si parla di chi è vivo e presente; che degli altri non è dubbio nessuno: però volendo mettere una statua al sig. Giovanni, non ci ha a essere scrupolo alcuno; ma parlando de' vivi e dei presenti, a me pare che questa cosa si abbia a considerare per questo verso; che se il fine di questa festa o arco è di onorare o, per dir così, in un certo modo rimeritare quel tal principe di qualche gran benefizio fatto, o di qualche impresa egregiamente e virtuosamente operata e condotta, e' si possa e debba liberamente mettere le statue sue, delle quali io veggo che ne furono larghi i Romani ancora nei tempi incorrotti e severi, e ne concedettero a' suoi cittadini e vivi e morti graziosamente; avendoci due fini, ch'elle fussero premio delle azioni forti et onorate, e stimolo, et uno incitamento appresso di virtù a chi le vedeva: nelle medaglie battute per senato consulto, si veggono carri trionfali, statue equestri, corone di più sorte agli imperatori romani, battute in qualche azione o occasione particolare. E di più veggo innanzi agl'imperadori, quando il batter le monete aveva magistrato, che si chiamava i tre uomini monetali, e che ognuno cercava di onorar la casa sua, che i Claudi Marcelli battevano Marcello con le spoglie opime, ed il segno di Sicilia che fu soggiogata dal medesimo Marcello.


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Raccolta di lettere sulla pittura scultura ed architettura scritte da' più celebri personaggi dei secoli XV XVI e XVII pubblicata da M. Gio. Bottari e continuata fino ai nostri giorni da Stefano Ticozzi
Volume Primo
di Autori Vari
pagine 422

   





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