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      Ma il vile Corsetto, uomo da sacrarsi all'infamia, che dovea condurlo a Civitavecchia, spinto dalla cupidigia dell'oro, lo vendè per 800 ducati ai Francesi che, cinto di ferri, lo strascinarono in Genova, e lo dannarono degli averi e del capo. Fu perciò rasa la sua abitazione in Portoria, ed egli in abito di reo e colle mani avvinte a tergo, venne condotto sulla piazza del pubblico palagio, ove tante volte il popolo sentì tuonare la sua libera voce, e asceso il palco, udì intrepido la sua sentenza. Indi parlò, e le sue parole non andarono al certo perdute in quella moltitudine che, aggravata da tante ostili falangi, ed inerme, non potea trarre il suo Doge dalle lor mani. Raccomandato il suo spirito a Dio, stese il collo sul ceppo, e volto al carnefice, gridò: — Ferisci; — e cadde, mostrando quell'altezza di spiriti con cui da sí umili principii giunse alla suprema autorità della Repubblica. Il suo capo, confitto sovra una lancia, fu innalzato sulla sommità della torre a sgomento del popolo: il suo corpo, fatto in quattro brani, venne posto sulle quattro porte della città.
      Di cotanta sevizie non andarono lungo tempo gioiosi gli efferati nemici, né cadde infecondo il sangue di questo martire della patria. Come già il guanto di Corradino venne raccolto da Procida, onde poscia ne nacquero i famosi vespri, cosí l'estremo gemito di vendetta del Doge fu raccolto dal magnanimo Ottaviano Fregoso che, coll'opera di Giulio II, giunse a sbarbicare dalla ligure terra l'abborrito giglio di Francia, né mai piú vi potè per lungo tempo estendere le sue radici.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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