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      E quest'essere formidabile, profondo, vendicatore aveva gettato il suo sguardo d'avvoltoio sulla giovinezza della ingenua Contessina.
     
      IV
     
      I mille iniqui avvolgimenti con cui l'anima infernale del Notaio tentò corrompere, travolgere il giudizio e il cuore di Eloisa, tradire l'inesperta sua giovinezza, non poteano essere architettati che dal cervello d'un uomo, profondo conoscitore del cuore umano per quella perspicacia di rettile che è tutta propria delle nature malvage, e per la triste esperienza delle vie torte, dei raggiri, dei cavilli onde la virtù si maschera e si tradisce. V'ha un ingegno splendido, generoso, dono veramente di Dio, che tende al bene e lo comanda; ve n'ha un altro abbietto, tenebroso, illuminato, direi quasi, dalle vampe dell'inferno e spiro di satana, che tende al male e trova mille vie al delitto con una acutezza, con una ostinazione veramente spaventevoli. E questo talvolta prevale a quello, come il serpente prevale all'aquila, avviluppandola insidioso colle sue spire e trafiggendola col suo dardo avvelenato. Il Notaio tentò mascherare la trista sua passione colla larva della virtù, finanche col sentimento religioso; assunse le sembianze d'un amico, d'un Mentore, tutte le facce del vizio proteiforme; ma l'animo illibato, e naturalmente retto della Contessa, conobbe sempre tra mezzo ai fiori la bava del serpente; alla maraviglia, al primo impeto di indegnazione successe il disprezzo, ed al disprezzo il silenzio. Eppure quel demone non cadde d'animo; la Contessina gli parve piú che mai bella; piú prezioso quanto piú contrastato l'acquisto; la virtù di lei fu stimolo al mal talento di quello sciagurato.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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