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      — Che vi pare la voglia dire?
      — Ben v'apponeste; è nel libro della febbre.
      Il Notaio, per non trovarsi presente a qualche nuova accusatrice rivelazione dell'ammalata, colse il destro di ritirarsi, dicendo alla Contessa:
      — Speriamo che domani sarà piú tranquilla, ed allora sarà piú facile indurla a fare come bramate.
      E premeva su queste ultime due parole.
      — Badate, signor Notaio, nell'uscir di castello, a camminar guardingo, poiché quel lago, di notte specialmente, è molto pericoloso.
      — I morti non ritornano, mormorò tra se stesso, e scomparve.
      Il Conte, cui la squisitezza de' propri nervi non permetteva d'assistere, come egli solea dire, a quelle scene, stava raccolto nella sua camera e pensava che, se fosse rimasto vedovo senza figliuolanza, l'edifizio della sua casa, costrutto di tanti stemmi e di tante pergamene imperiali, sarebbe precipitato; ed invero, dopo la caduta di Roma, piú gran disastro non sarebbe ricordato nella storia umana!
      Ma Dio che riserbava alla povera Eloisa morte piú tranquilla, la trasse di pericolo; le giovinezza di lei trionfò del male e de' piú atroci patimenti dell'animo. Allora la sorella maggiore tornò a Genova.
     
      XI
     
      Di lí a poco sedevano nella loggia d'un teatro due amabili signorine, vestite con gran pompa alla foggia dello scorso secolo. Una di esse, agitando graziosamente un enorme ventaglio gemmato ed istoriato, e accarezzando con l'altra mano una graziosa cagnuolina adagiata sopra un cuscino presso di sé:
      — Se sapeste, diceva alla compagna, quanto è felice la mia sorella Eloisa!


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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