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      — Chiudi la porta, le finestre — urlò quindi delirando.
      — Donde vennero tanti spettri? Strisciano su pei scaffali, mettono sossopra le mie carte, stracciano i testamenti... i testamenti, dove io li ho traditi! E quelle vedove che piangono, e que' bambini affamati!... Oh prendete, prendetevi tutte le mie ricchezze... sono vostre... ma fuggite!
      Cencio che aveva anch'esso una buona dose di superstizioni, gettò lo sguardo intorno alla camera fra l'atterrito e l'attonito.
      — Nessuno può saperlo; m'assicurai ben bene s'era morto — proseguia l'infermo sempre in delirio. — Calcai la terra sopra il suo capo; nessuno mi ha veduto. Cencio solo ne sospetta; bisogna che mi sbarazzi di costui prima che mi tradisca.
      E qui fremeva, ed agitava le mani col tremito impaziente, coll'ansia furiosa del delitto.
      — Grazie! — gridò Cencio, spalancando gli occhi e traendosi nuovamente a dietro d'un passo a quelle benevoli intenzioni del Notaio: — meriteresti due dita nella gola, se a quest'ora la fatica di strozzarti non fosse inutile!
      A che riferire lungamente que' misteri di iniquità che qua e lá trapelavano dalle sconnesse parole del moribondo? Verso l'alba parve che migliorasse, la febbre era meno ardente; il malato avea ripresa conoscenza.
      — Cencio, chiamò allora il Notaio, illuminato forse da un raggio della pietà eterna. Cencio, a dirla qui tra noi, siamo due birbanti; ma non ci è tolto poter tornare qualche cosa di meglio. Accostati.
      Ma Cencio non si mosse.
      — Quando sermoneggiate, padron mio, debbo badar bene alle vostre mani.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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