Pagina (182/484)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Sicché, Giulio prese a dire con volto franco e pacato, avrete alfine la cortesia di spiegarmi quest'enigma che non arrivo a sciogliere per fantasticare ch'io faccia.
      A queste ingenue parole si rispondeva con altrettanta franchezza — Per parte della legittima autorità vengo ad annunziarvi che foste condannato nel capo, e avete tempo fino a domani per mettere la vostra anima in pace coi rimorsi e in grazia di Dio.
      È facile immaginare come Giulio rimanesse sbalordito a tale risposta, e dovesse proprio domandare a se stesso se sognava oppure era desto. Credeva quasi che si prendessero giuoco di lui; ma quell'uomo bieco e impassibile che gli stava dinanzi non aveva faccia per nulla di voler celiare in cosí strana maniera. — Per quanto avete di più caro nel mondo, prese a dire nuovamente, spiegatemi una volta di che vengo accusato, quali prove si hanno de' miei delitti, e se intendete parlare propriamente di me, di Giulio Rossello.
      A che serve il far tante maraviglie? — rispondeva l'emissario del Conte sogghignando malignamente — Credete forse che chi comanda sia cieco, che solo il Conte ed il Podestà debbano ignorare quel che tutti sanno, che, cioè, voi siete tutta creatura dei signori D'Oria, venuto a bella posta per espiare le cose e preparare qualche gherminella a chi attualmente governa questo paese? Vi salvino adesso dalle branche del carnefice quei signori D'Oria, a cui vi siete venduto. Pensate all'anima vostra, ve lo ripeto; a momenti vi si manderà un confessore. — Cosí dicendo, s'incamminò verso la porta colla medesima indifferenza come se gli avesse fatto un lieto augurio per nozze.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





Giulio Dio Giulio Giulio Rossello Conte Conte Podestà D'Oria D'Oria