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      I Mori, assaliti dalla banda di mare, e tempestati alle spalle dagli abitanti di Cagliari, che irruppero dalle porte, finalmente si sgominarono, si dispersero. Ma il loro capo, vecchio guerriero, non volle cedere. Quest'uomo, di ferrea tempra corpo ed anima, quest'uomo che avea passata la sua vita, correndo dall'Africa nelle Spagne, dalle Spagne in Italia, in Sardegna e quindi nuovamente da Sardegna in Africa, trascorrendo come turbine, si vide finalmente ristretto a pochi palmi d'arena. Risoluto di morire come a re conviensi; gettò via il suo manto, mosse a cerchio la scimitarra e si cacciò disperato nel piú folto dei nemici. Tutti convengono che quel soldato ottuagenario, fece prodigi di valore, sinché, ferito in piú luoghi cadde a terra, sossopra col suo destriero. Muset, che ad occhi asciutti contemplò le fiamme delle sue e delle altrui città; che imperturbabile accolse le notizie del supplizio della sua sposa, non si rattenne da una lacrima, quando vide il suo cavallo, il suo cavallo di battaglia, spirante sull'arena; gli parve che il cielo ivi segnasse il termine di sua carriera. L'affezione dell'arabo per il cavallo è cosa cosí viva, che tiene dell'amicizia, è una secreta intelligenza, un mistero, che ispirò piú volte la romanza orientale. Sismondi ci racconta, che i Pisani si impadronirono di Muset, che lo condussero nella lor patria, ove egli morì tra i ferri. Ma a ciò contrasta parimenti il Serra, e racconta, che il re barbaro fu tratto a Genova e presentato dal vescovo di quella città ad Arrigo II, imperator di Germania.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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