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      Per quanto investigasse, minacciando le sentinelle, frugando ogni angolo nel castello e nei dintorni, non gli venne mai fatto di scoprir traccia di quella fuga misteriosa. Allora gli si gettò in animo una diffidenza de' suoi piú intimi famigliari, strumenti di sue iniquità; e talvolta lo spavento d'una giustizia sovrumana, d'una provvidenza che avea scampato quel bambino, e che forse lo riserbava al giorno del suo castigo. È bensí vero che Enrichetta, la bella castellana, stava ancora in suo potere; ma come ridurla alle proprie voglie, ora che la madre era sicura della salvezza di suo figliuolo? Qual vincolo potea ormai ritenerla alla terra?
      Tuttavia, risoluto di far l'ultima prova, usando prima le carezze, ricorrendo in ultimo alle minaccie, si recò nella carcere della sua vittima. Ma, per quanto egli infingesse, Enrichetta penetrò nello sguardo del castellano il dispetto, la collera raffrenata; e nascondendo anch'essa il ribrezzo, l'orrore che le ispirava, composta a dignità serena, maestosa,
      — Cavaliero, prese a dirgli, venite a schiudermi la mia prigione? Sarò forse temeraria se vi credo capace d'una buona azione, d'un sentimento di pietà... d'un rimorso che possa indurmi a benedire un istante della vostra vita?
      — Come mai, le rispondea il Castellano, la mano invisibile che ha rapito il tuo pargoletto, non dischiuse a te pure le soglie di questa carcere?
      — Per lasciarne il merito a voi! per offrirvi il destro d'asciugare le lacrime, d'onorare una donna che ha diritto al vostro rispetto.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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