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      Appena comparve innanzi ad Irene che, accompagnata da poche ancelle, stava raccolta nelle stanze piú secrete de' suoi appartamenti, l'infelice donzella gli corse incontro cogli occhi spalancati, con ansia indescrivibile, ma incapace di interrogarlo a parola. Ma allo sguardo costernato, all'insolito pallore di Guglielmo, il cuore le si strinse come per morte, e stette a poco non cadesse sul pavimento.
      — Non ci resta che fuggire, cominciò Guglielmo; tutto è perduto! tra poco nemmeno queste soglie saranno sicure all'impeto de' Mussulmani.
      Intanto il fragore delle armi, lo strepito dei vincitori s'avvicinava alla reggia.
      — Principessa, non abbiam tempo da perdere, replicò il marinaio; mi conoscete da lunga pezza; affidatevi all'onor mio; v'è modo di scampare... ma ogni momento è prezioso; seguitemi... Eloisa vi aspetta!
      — E mio padre dov'è! non verrà anch'egli con noi?
      A queste parole, pronunciate coll'accento piú straziante dell'amore e della disperazione, Guglielmo abbassò il capo, e non seppe rispondere. Ma il cuore di quella figlia sventuratissima intese pur troppo l'eloquente silenzio del marinaio, anzi, interpretandolo affatto alla peggio,
      — Ah è dunque morto! soggiungea l'infelice, abbandonandosi sopra una seggiola.
      — No, non è morto, riprese allora Guglielmo, rimproverando a se medesimo quel momento d'inopportuno silenzio; no, non è morto, ma è circondato di Mussulmani, e la difesa è omai disperata.
      In quel mentre le sale della reggia rintronavano di femineo ululato, di grida tumultuose e del passo concitato d'armati.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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