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      — Nella luce eterna! riprese Irene, accennando il cielo. — Ora, o Achmet, d'una ultima grazia debbo ancora pregarti. Quella Semira che è qui schiava, nacque greca, anch'essa sotto il cielo di Costantinopoli, nella terra de' miei padri. La sventurata t'ama di profondo disperato amore; per te ha rinunziato quasi al suo Dio; tu puoi renderla a se medesima, a' suoi principii, compiere la felicità sua, e prepararti un conforto ne' tuoi benefizi.
      Achmet promise tutto, giacché, perduta Irene, nulla piú gli importava; d'altronde, poter soddisfare a un desiderio della morente era quasi un balsamo sulle piaghe del suo cuore.
      Semira fu chiamata al letto della principessa, e le promise che avrebbe riabbracciata la fede de' suoi padri. Irene fece atto di congiungere la destra di lei con quella d'Achmet, ma non ebbe piú forza di pronunciare parole; e quando i due giovani la riguardarono in faccia, la figlia dell'imperatore avea abbassato il bel capo, e non rimaneva piú di lei che la spoglia.
      La tradizione nulla aggiunge sul fine d'Achmet e di Semira; ma possiamo argomentare dal carattere di amendue, che compierono fedelmente alle loro promesse. Incerto è il sepolcro della principessa Irene, come incerto è pur quello del suo gran genitore, l'ultimo e il piú valoroso dei Paleologhi. Ma ovunque si infranga e posi questa povera mortale argilla, ovunque si spogli questo vestimento di dolori, si levano i nostri spiriti trionfanti verso una comune patria, dove non avranno a separarsi mai piú.
     
      PIETRO GIURIA.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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