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      Coteste ladrerie aveano tutte in loro pro converse gli Austriaci, e Carlo Emanuele, favorito dagli inglesi, anch'egli voleva squattrinar la città, offeso che gli alleati fossero venuti a transazione con Genova a sua insaputa. Non potendosi egli convenire col Botta per mezzo del ministro inglese Villett, che s'era portato a visitare il generale tedesco nel palazzo di Carlo Doria in San Pier d'Arena ove abitava, tramò il modo di eluderlo e ridurre allo stremo l'oppressata città. Perciò faceva ancorare due legni nel bel mezzo del porto di Genova, e quante navi giungeano, mettea a ruba, e con barbara pirateria ne toglieva le spoglie, talché alla voracità dei Tedeschi si sarebbe presto congiunta, nuovo flagello, la fame, ben prevedendo i cittadini che non tosto si fosse diffuso il grido delle inglesi avanie, nessun navile recherebbe piú viveri in Genova per tema dei rapitori. Un tanto pericolo rappresentava il governo al general Botta, il quale rispose che avrebbe provvisto in proposito; ma nulla avendo operato, restò in breve il porto in total abbandono ed inceppato il commercio, tanto piú ch'ogni passaporto venia dinegato, e se alcuno il Botta ne concedeva, il che era assai raro, n'esigeva gravissime somme. Cosí in casa squattrinava a tutta furia l'Austriaco; in mare l'Inglese e il Sardo predavano ogni cosa; Genova dovea pensare a sfamar tutti — il popolo fremeva, ma sopportava.
      Il di 25 gli ostaggi presero la via di Milano, e furono Nicolò Sauli, Carlo Grillo Cattaneo, senatori, Bernardo Veneroso e Negrone Rivarola, patrizi.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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