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      I quali traendo a lor volta partito dal buio, s'impodestavano della commenda di San Giovanni e del monastero dello Spirito Santo per poter piú sicuri dall'alto sgominare la plebe se osasse avanzare. Ma ai cannoni tedeschi stavano a fronte genovesi cannoni: due di grosso calibro ne aveano innalzati di faccia all'Acquaverde, uno a Santo Antonio di Prè: un quarto a Sottoripa. Cittadini petti, scaldati dal santo amore di libertà, stavano pronti a conflitto contro schiere vendute; la vittoria non potea pendere incerta.
      Con pari ardore si travagliavano i Vincentini nell'opposita parte della città. Stanziavano in Val di Bisagno un trecento Alemanni, i quali, saputo il tumulto del popolo, assalgono una taverna in capo al ponte di Sant'Agata e s'appressano a Porta Romana, fidando di ricongiungersi al Faro col Botta, circuendo le mura. Il che prevedendo i Bisagnini e i Vincentini, danno subito all'armi, e sforzate le guardie cui erano commesse le artiglierie de' baluardi, volgono contro gli Austriaci le bocche sterminatrici. Il forte esempio è imitato. Corrono anch'essi i popolani alle batterie di Santa Chiara, folgorando un palazzo sull'opposto clivo d'Albaro, ove s'erano riparati altri duecento nemici. I quali al subito attacco impauriti, sgombrano l'occupata taverna, e soli cinquanta granatieri vi restano a guardia. Ma avendo un d'essi messa a morte la moglie del taverniere, fé sí che i Bisagnini irrompessero alla riscossa. Però dal cacciarli era nulla: gli aggressori veniano gagliardamente respinti.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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