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      E mentre l'intera Europa, percossa all'annunzio del portentoso trionfo che rinnovava in tempi corrotti le romane virtù, plaudiva al valor genovese; il popolo umile nella vittoria quanto prode in battaglia, recavasi il 23 dicembre alla chiesa di N.S. della Providenza, alla cui celestiale aita il prospero evento attribuiva, ed a piè di quelle are deponea le spoglie nemiche e ne traeva nuova lena a difendere la sua libertà cui nuovi perigli già soprastavano.
      Alle nuove dell'avvenimento di Genova non è a dire se gioissero i re Borboni che vedeano rotte in Italia le tedesche fortune, e più ch'altri ne gioia il re di Francia ch'avea il nemico a' confini. Solo la viennese corte vestiva a corrotto. Maria Teresa montò sulle furie; i suoi ministri non sapean darsi pace che l'insolente bordaglia (cosí la chiamavano) d'una città non data all'armi ma al traffico avesse potuto ricacciar mutilo e rotto un fioritissimo esercito guidato da strenui duci vincitori di tante battaglie. E però ne gian meditando una tremenda vendetta. A Giuseppe Spinola, che, ministro della repubblica, mai non potè aver accesso alla corte, ordinarono sfrattasse di presente dall'Austria; intimavano al governator di Milano che fossero strettamente carcerati in quel castello gli ostaggi, e si confiscassero i beni di quanti Genovesi erano nel reame. Intanto agli alleati di Maria Teresa s'ingiunge di stringere per terra e per mare la nostra città, e si manda in Italia l'aiutante generale Franquin per levar truppe onde ingrossare l'armata e ripassare all'assalto di Genova.


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Racconti popolari dell'Ottocento ligure
Volume Primo e Secondo
di Autori Vari
pagine 484

   





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