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      Egli è ben vero che, se l'oro e l'argento non coniato, over in monete ridotto, fosse particolare a cittá per cittá ed a luoghi per luoghi, come sono le misure e pesi, che, se ben sono differenti da una cittá all'altra, ciò poco importa, si potrebbe cosí anco fare di essi argento ed oro, cioè far loro quelli pesi e prezzi che piacessero a chi le governasse. Ma, perché i danari sono maneggio in generale e sono trasportati da un paese ad un altro per far diversi contratti, però fa di bisogno fermarli in uno essere, cioè nella forma e sotto gli ordini fondati e terminati sopra l'unitá dei sette capi principali nell'antecedente capitolo descritti. E, ciò non facendo, sempre nasceranno di tempo in tempo disordini grandi sopra il fatto di esse monete, e in particolare e in universale.
      E, per esser dunque i detti preciosi metalli coniati per uso generale, com'è detto, è cosa molto necessaria e di grandissima importanza che per essi vi sia un sol peso ed un sol prezzo generalmente, come se il mondo fosse una sola cittá o monarchia, e fare quell'istesso di detti peso e prezzi in universale come si fa e osservasi delli pesi e misure nelle cittadi in particolare, e non altrimenti di quello che si faccia dei numeri, quali sotto una regola sola servono per tutto il mondo: cosa che non fanno i pesi e le misure particolari delle cittadi, che in generale non servono. Ed ancora fare che li campioni, che per ciò saranno necessari (destruendo ed anichilando affatto qualunque sorte di pesi per l'oro e l'argento finora usati), tutti siano regolati e ridotti sotto il peso del detto campione della libra di Bologna, e con i partimenti di essa nel capitolo VIII giá descritti, e che siano in tutti i luoghi osservati per sempre, cosí nel far la tassa di tutte le monete, come nel ridurre in monete i detti preciosi metalli.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





Bologna