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      Lo che ha confessato piú a basso, quando tratta perché li forastieri non convertono le terze in capitale come prima; e dice: "perché non vi resta piú che vendere, avendosi detti forastieri sorbito il sangue di tutti particolari di Regno, in tanto che a niuno resta piú vita né robba per obligarla"; affermando esser ciò tanto vero. Or, se questo è tanto vero, come tanta caligine? ingannarsi che non importi eccetto ducati seicentomilia, mentre comprende tutta la robba, o una parte, ancorché fusse la terza o la quarta parte, e aggiungendovi la estrazione? Solo dico maravigliarmi come, conosciutosi questa veritá chiara, dopo abbia possuto entrare uno aperto errore nell'intelletto, che li forastieri con quello che possedono, ritraeno da mercanzie e da industrie, non arrivi piú che a un milione e ducentomilia docati, avendo confessato le cose predette delle entrate sole, che, facendosi il conto all'ingrosso, ascende a molto piú che importa tutta la summa delle robbe che si estraano per fuora Regno. Sí che non occorre altrimenti né occorreva disputare se l'altezza del cambio era la causa della penuria, mentre la causa vera e necessaria, si può dire, che non fa venire denari per l'estrazione, è la predetta, cioè l'entrate, industrie e ritratto di mercanzie di forastieri. Qual veritá, ancorché chiara e conosciuta, non si è appresa dall'intelletto con quella certezza ferma che si dovea, per parerli il remedio tanto difficile, che pare contenga dell'impossibile: perciò si è fuggita e si è andato cercando altra, dove il remedio li è parso non tanto difficile, ma facile e possibile, essendo il proprio della volontá e intelletto rifiutare il discorso di cose impossibili e semplicemente odiose.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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