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      E, oltre della detta ragione, per la quale si vede che è causa d'impoverire e non di far abbondare il Regno di moneta il crescer il valor della moneta forastiera, se ne adduce un'altra maggiore: perché, con questo crescimento di moneta forastiera, con guadagno grandissimo si estraerá la moneta propria, e, portandola nel luoco de la forastiera, farne di quella per ritornarla in Regno con il vantaggio, e, sempre ritornando quella cavata dall'istesso Regno, estraerne maggior quantitá; e cosí continuare sempre crescendo, e con poca quantitá estraerne tutta quella che vi è.
      Deroga alla ragione del prencipe, poiché, dovendo andare tutta la moneta forastiera in zecca, acciò si fonda e converta in moneta propria, e da questo abbia la ragione e beneficio di zecca correndo per moneta, lo viene a perdere; e, permettendo che corra la moneta forastiera, il prencipe, che non tiene miniere d'oro e d'argento nel suo Stato, deve dismettere la zecca. Può causare danno a' suoi sudditi universale con occasione di possere essere defraudati, o con malizia o senza, dal prencipe forastiero; come, per esempio, mentre corre nel paese dell'altro prencipe la sua moneta, il prencipe della moneta, o con malizia o senza, bassa la lega. Senza dubbio, ritrovandosi introdutta la valuta, non dico piú di quel che valeva, ma ancora il giusto, correrá la moneta di lega piú bassa per quella prima; sí che con ogni facilitá si può causare danno di migliara e centinara di migliara de ducati a' sudditi e al Regno in universale.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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