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      Ne' tempi antichi la Gran Brettagna (per testimonio di Cesare ne' suoi Commentari (10)) soleva valersi di moneta di ferro, fatta in forma di anelletti di certo peso, forse per comoditá d'infilargli; siccome a' nostri tempi anche i cinesi fanno certe monete dette "picis", forate in mezzo, per comodo pure d'infilarle e portarle al collo e in ispalla su' bastoni, in vista d'ognuno, non senza vanitá. Dionigi tiranno di Siracusa e li romani stessi ne hanno fatte di piombo e di stagno, benché dipoi proibite per legge (11).
      Marco Polo (12) vuole che nel Cataio a suo tempo si usasse moneta di porcellana, ed in Cambaia foglie di gelso, o sia moro bianco: ma io ho gran paura che le porcellane, ch'ei dice, non siano vasi di terra che nella Cina ed altri regni d'Asia si fanno, ma quelle conchiglie picciole e bianche, che in Italia "porcellette" sogliono chiamarsi, delle quali per altri riscontri siamo certi esser grand'uso in piú luoghi d'Asia in luogo di moneta; siccome le foglie de' gelsi, ch'egli dice, non posso capire come siano tali effettive, ma bensí viglietti di carta fatta dalla scorza di gelsi, come egli stesso narra altrove, che, sottoscritti dal re o ministri, hanno valore di monete, come piú basso diremo. Cosí racconta lo stesso che li tartari del regno di Tebet usano per moneta coralli. In Etiopia usano alcuni popoli il sale, benché cambiano cosa per cosa nelle loro fiere. Nell'isola di San Tommaso vicino all'Africa sotto l'equinoziale hanno grande spaccio le conchiglie, che sopra dicessimo chiamarsi "porcellette", e da' portughesi "buzios" (13), perché piú addentro nell'Etiopia corrono per monete, e particolarmente nel regno di Tombuto, ove racconta Lione Africano (14) che s'apprezzano tali conchiglie 400 al ducato; e sei ducati e due terzi fanno un'oncia d'oro a peso di Roma.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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