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      --pare sia improprietá il dire ch'ella vale 4/59 d'una libbra d'oro, e molto piú proprio sembrerebbe l'aver un'altra comune misura del prezzo d'ambidue, alla quale si riferissero. Ma io domando: se ciò fosse, questa tal cosa, che fosse misura della valuta dell'oro e dell'argento, da che averebbe ella il valore? E questo suo valore sarebbe egli certo, fisso e stabile, o incerto e mutabile? Se incerto e mutabile, dunque v'averá bisogno d'una quarta cosa certa e stabile, che misuri il valore di tutte le tre, e cosí in infinito. Ma, se sará cosa ch'abbia valor certo e stabile, due cose dimando. In primo luogo: dov'è questa cosa, che abbia un certo, fisso ed immutabil valore? Io non la trovo nel mondo, secondo questo modo d'intendere. La seconda è: in che consiste questo valore di questa terza cosa, che sia una valuta cosí immutabile, che possa esser regola del valore di tutte le altre? Io per me assegnerò bensí una cosa che serve di regola a tutte le valute, e l'ho accennata di sopra: ma niuna piú di lei è instabile ed a piú varietá è soggetta; ed è l'umano disiderio. Si tronchino una parte dei disidèri mondani: subito l'oro e l'argento sará di meno valore; perché, non essendo piú prezzabili le cose che non sono piú disiderate, resta la stessa quantitá d'oro nel mondo ch'era prima, e le cose contrattabili o disiderate sono in minor quantitá, e si dá maggior quantitá d'oro per esse. Cosí l'abbondanza d'oro in Roma dopo la guerra macedonica fece crescere di prezzo i campi; e lo stesso ha fatto in Europa tutta dopo scoperta l'America, da cui tante centinaia di milioni si sono travasati nella cristianitá.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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