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      La prima volta che i romani indorassero i soffitti (e furono que' del Campidoglio) fu dopo aver distrutta Cartagine: ma, dopo il Campidoglio passò alle camere dei grandi e dei cesari il lusso; onde si narrano inaudite cose del gran palazzo di Nerone e d'altri sfoggi del fasto romano.
      Anche i naufragi pur troppo frequenti portano dell'uno e dell'altro i tributi al mare e ponno or dell'uno or dell'altro alterar anch'essi la proporzione.
      Ma d'ogni lusso, d'ogni strapazzo, che si faccia dell'oro, molto maggiore è il consumo che ne fanno; con uso sempre detestabile, quegli avari non solo, che, sottratto dal pubblico commercio, lo condannano in vita alle carceri de' loro forzieri; ma quelli ancora, che, occultandolo di nuovo sotto terra a masse ben grandi, ingiuriano la natura e Dio, che l'ha creato e ci ha dato l'ingegno e gl'indizi per dissotterarlo di dove nasce e valersene agli usi nostri. Sono pochi nulladimeno i cristiani, che d'un sí vile e sordido sacrilegio siano colpevoli, in proporzione delle altre nazioni, e de' turchi particolarmente ed indiani mogori, i quali, ben sapendo non dover essere se non per gran fortuna i figliuoli loro eredi delle facoltá loro, tutto cadendo per loro morte al regio fisco, nascondono sotterra immensi tesori, con proposito di manifestarli a' figli avanti la morte; il che non riuscendo sempre a talento, restano quei metalli di nuovo in seno alla terra, da cui furon generati.
      E questo è il fine, anzi la morte, che fa l'oro; il quale, concetto nelle viscere della terra piú profonde, estrattone con taglio cesareo dalle marre e da' picconi de' mineralisti, educato nel fuoco e fatto adulto nelle zecche, dopo aver vissuto, Dio sa quanti secoli, ne' commerci mondani ed aver girato in piú viaggi la metá del mondo, colpevole di mille delitti e tradimenti, ne' quali ha avuto parte, va finalmente a incanutire nelle oscure carceri de' casná de' monarchi orientali, oppur a restar affogato nelle piú cupe voragini dell'oceano, o ad esser sepolto di nuovo sotterra da chi, per troppo zelo di conservarlo, lo leva del mondo.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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