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      E da queste sole monete giá mostrammo doversi prendere il vero prezzo e valore delle cose, non da quelle di rame o di bassa lega, le quali non hanno in sé intrinsecamente quel valore che per sola autoritá del principe rappresentano.
      Dunque, se ci figuriamo che valesse la dramma d'oro fino, o pur vogliamo dire il zecchino di Venezia, sei anni fa 360 soldi, ed oggi si spende per 400, quali di questi due propriamente ha mutato valore: il zecchino o il soldo? Se il vero valore delle cose sta nell'oro e nell'argento, ed il zecchino non valerá piú quantitá d'argento di quello valeva prima, ma solo si valuterá piú soldi o piú lire immaginarie, conservando in se stesso la stessa bontá e peso che aveva prima, dunque non averá mutato valore, ma bensí l'averanno mutato i soldi e le lire immaginarie, delle quali ne vanno tante piú a fare un zecchino, che prima non andavano. Che ciò sia vero, vedesi che, all'alzare che fa una moneta, come è stato il zecchino, s'alzano quasi immediatamente tutte le altre, cosí d'oro come d'argento. Onde lo scudo anch'egli è passato da 192 a 200 soldi; ed il ducato effettivo da 124 soldi, ch'era il valore anche del ducato immaginario, è passato a 130; e la doppia di Spagna, che valeva 28 lire, è passata al valore di 30; e cosí tutte le altre monete; e sino la liretta d'argento, che valeva 20 soldi, in oggi val quasi 21 soldi, mentre ha quattro e sino quattro e mezzo d'aggravio per cento, di modo che per 100 lire effettive si trova chi dá 104, anzi 104 1/2 lire di soldi.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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