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      Dunque un fiorino immaginario non vale adesso se non la metá di quello valeva 80 anni sono; anzi chi con attenzione considererá che cosa sia in effetto quello che scema e per cui diciamo alzarsi l'oro e l'argento, vedrá non esser altro che quella valuta d'opinione che dá il principe alle sue monete basse, nella quale consiste tutto il guadagno ch'egli può fare nella sua zecca. Perciocché, non essendo, ne' soldi, ne' sesini o nell'altre monete di bassa lega de' principi quel tanto metallo, che vaglia in proporzione delle monete d'oro e d'argento quanto quel principe le fa valere; e la mercatura col suo giro facendo lo stesso effetto che i corpi fluidi che comunicano insieme, i quali, come si disse di sopra, finalmente si livellano fra loro in un istesso piano: ogni volta che il principe non mantiene fra gli argini dello Stato proprio le sue monete basse, battendone sol tante quante ne ponno capire, e tenendo in giusto livello con l'altre piazze l'oro e l'argento, elle da sé, dopo molti ondeggiamenti, trovano il loro livello, ma non senza danno del principe.
      Quante volte (per dare un esempio) alcuni Stati di Lombardia si sono quasi affatto vuotati d'argento e d'oro per la troppa copia di monete basse battute da' quei principi, le quali non avendo corso se non ne' loro Stati, erano forzati li cittadini e mercanti, ove di mandar monete fuori di Stato loro occorreva, di portar fuori l'oro e l'argento: onde chi non n'aveva, pagava la doppia, come altre volte s'è detto, qualche soldo o lira di piú di quella moneta bassa; e perciò, se tanta di piú ne voleva a far il valore d'una doppia, era ben ella divenuta piú vile.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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