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      Allora fu che s'accorsero non aver piú in tutto il regno se non la metá delle sostanze che prima vi erano in contanti, perché que' fiorini, che erano stati ricevuti per la sesta parte d'un ducato d'oro o sia d'un ongaro, erano divenuti la duodecima parte del medesimo; e perciò erano restati di valore solo la metá di prima. Concorreva alla rovina delle monete, e per conseguenza del regno tutto, la malizia di molti ancor esteri, che, veduto il guadagno grande che faceva da principio il re su quelle monete, ne batterono quantitá incredibile di nascosto con gli stessi impronti e della stessa lega; onde non era possibile di ricusarle per false, né distinguerle da quelle del re medesimo, perché erano della stessa bontá. Anzi continuarono gli svezzesi a mandar de' loro scilinghi, ch'è moneta bassissima, la quale, sebbene era con l'impronto svezzese, correva però ormai copiosa per la Polonia, introdottavi a poco a poco fin da' tempi avanti le guerre, che non era possibile bandirla senza grandissimo pregiudizio di tutta la povertá, che non averebbe sofferto d'esserne priva. Cosí dunque, asportato fuori del regno quasi tutto il buon metallo, restò la Polonia, e i suoi abitanti tutti, con la metá solo del primo valsente; mentre i fiorini ed altre monete regie ed i scilinghi giá non valevan piú che la metá di prima, mentre per aver un ongaro d'oro o un talero di buon argento vi bisognava il doppio di quella piú trista moneta. Per figurarsi qual fosse il danno e quanta la confusione di que' popoli in un sí strano emergente, basta solo concepire ciò che sarebbe, se d'improvviso ci fosse la metá delle borse e de' scrigni di ciascuno levata.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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