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      Egli pensa che tale rapporto, giá "suggerito dal divino Platone", sempre prevalga di fatto, e dice che potrebbe conservarsi immutabile, ove non si commettessero adulterazioni o falsificazioni monetarie.
      L'ultima proposizione rappresenta una aberrazione, non inconsueta peṛ nel secolo XVI, in cui l'influenza delle adulterazioni monetarie era cosí evidente, che molti pensavano che ad essa esclusivamente potesse attribuirsi la variazione di valore del medio circolante. Le cause del rincarimento dei prodotti non furono tosto riconosciute dai contemporanei di quella grande rivoluzione monetaria; ed è noto che il sire di Malestroit scrisse una dissertazione per sostenere come apparente fosse l'aumento dei prezzi, in quanto la medesima quantitá di metallo si scambiava con la stessa quantitá di prodotti, e solo la moneta dello stesso nome conteneva una quantitá minore di metallo fino.
      Anche il Bodin, che intese l'efficacia dell'incremento della quantitá della moneta, non rileṿ le circostanze che inducevano un mutamento di valore normale dei prodotti. Ed è doveroso soggiungere che, se lo Scaruffi afferma piú volte l'immutabilitá assoluta di quel rapporto in assenza di alterazioni monetarie, implicitamente corregge la rigidezza della sua osservazione sofistica, rilevando come talune condizioni possano attenuare gli effetti delle mutazioni di valore relativo dei due metalli, e comprendendo che la costanza del rapporto di scambio fra l'oro e l'argento è la condizione essenziale di persistenza del bimetallismo.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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