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      Appresso, finita la cera e ferma la figura, mette lo artefice su due alari o di legno o di pietra o di ferro, come uno arosto, al fuoco la sua figura, con commodità che ella si possa alzare et abbassare, e con cenere bagnata appropriata a quello uso, con un pennello tutta la figura va ricoprendo, che la cera non si vegga, e per ogni cavo e pertugio la veste bene di questa materia. Dato la cenere, rimette i perni a traverso che passano la cera e l'anima, secondo che gl'ha lasciati nella figura; percioché questi hanno a reggere l'anima di dentro e la cappa di fuori, ch'è la incrostatura del cavo fra l'anima e la cappa, dove il bronzo si getta. Armato ciò, l'artefice comincia a torre della terra sottile con cimatura e sterco di cavallo, come dissi, battuta insieme e con diligenza fa una incrostatura per tutto sottilissima e quella si lascia seccare, cosí volta per volta si fa l'altra incrostatura con lasciare seccare di continuo finché viene interrando et alzando alla grossezza di mezzo palmo il piú. Fatto ciò, que' ferri che tengono l'anima di dentro si cingono con altri ferri che tengono di fuori la cappa et a quelli si fermano, e l'un e l'altro incatenati e serrati fanno reggimento l'uno a l'altro. L'anima di dentro regge la cappa di fuori, e la cappa di fuori regge l'anima di dentro. Usasi fare certe cannelle fra l'anima e la cappa, le quali si dimandano venti, che sfiatano a la in su, e si mettono verbigrazia da un ginocchio a un braccio che alzi; perché questi danno la via al metallo di soccorrere quello che per qualche impedimento non venisse, e se ne fanno pochi et assai se,condo ch'è difficile il getto.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014