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      Ciò fatto, si va dando il fuoco a tale cappa ugualmente per tutto, tal che ella venga unita et a poco a poco a riscaldarsi; rinforzando il fuoco sino a tanto, che la forma si infuochi tutta di maniera che la cera, ch'è nel cavo di dentro, venga a struggersi, tale che ella esca tutta per quella banda per la quale si debbe gittare il metallo, senza che ve ne rimanga dentro niente. Et a conoscere ciò bisogna, quando i pezzi si innestano su la figura, pesarli pezzo per pezzo, cosí poi nel cavare la cera ripesarla e facendo il calo di quella vede l'artefice se n'è rimasta fra l'anima e la cappa e quanta n'è uscita. E sappi che qui consiste la maestria e la diligenza dello artefice a cavare tale cera; dove si mostra la difficultà di fare i getti che venghino begli e netti. Atteso che rimanendoci punto di cera ruinarebbe tutto il getto, massimamente in quelle parti dove essa rimane. Finito questo, l'artefice sotterra questa forma vicino alla fucina dove il bronzo si fonde, e puntella sí che il bronzo non la sforzi e li fa le vie che possa buttarsi; et al sommo lascia una quantità di grossezza, che si possa poi segare il bronzo che avanza di questa materia; e questo si fa perché venga piú netta. Ordina il metallo che vuole, e per ogni libra di cera ne mette dieci di metallo. Fassi la lega del metallo statuario di due terzi rame et un terzo ottone, secondo l'ordine italiano. Gli Egizzii, dai quali quest'arte ebbe origine, mettevano nel bronzo i due terzi ottone et un terzo rame. Il metallo ellettro, de gl'altri piú fine, due parti rame e la terza argento.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





Egizzii