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      La pittura similmente onorarono e con premii gli antichi Greci e Romani; grandi a coloro che la fecero maravigliosa apparire, lo dimostrarono col donare loro città e dignità grandissime.
      Fiorí talmente quest'arte in Roma, che Fabio diede nome al suo casato sottoscrivendosi nelle cose da lui sí vagamente dipinte nel tempio della Salute, e chiamandosi Fabio Pittore. Fu proibito per decreto publico che le persone serve tal arte non facessero per le città, e tanto onore fecero le gente del continuo all'arte et agli artefici, che l'opere rare nelle spoglie de' trionfi, come cose miracolose, a Roma si mandavono, e gli artefici egregi erono fatti di servi liberi e riconosciuti con onorati premii dalle republiche. Gli stessi Romani tanta reverenzia a tale arti portarono, che oltre il rispetto che nel guastare la città di Siragusa volle Marcello che s'avesse a uno artefice famoso di queste, nel volere pigliare la città pre,detta ebbero riguardo di non mettere il fuoco a quella parte dove era una bellissima tavola dipinta, la quale fu di poi portata a Roma nel trionfo con molta pompa. Dove in spazio di tempo, avendo quasi spogliato il mondo, ridussero gli artefici stessi e le egregie opere loro, delle quali Roma poi si fece sí bella, che invero le diedero grande ornamento le statue pellegrine piú che le domestiche e particulari, che si sa che in Rodi, città d'isola non molto grande, furono piú di tre mila statue norate fra di bronzo e di marmo. Né manco ne ebbero gli Ateniesi, ma molto piú que' di Olimpia e di Delfo e senza alcun numero que' di Corinto, e furono tutte bellissime e di grandissimo prezzo.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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