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      E se bene e' vi è qualche parte miracolosa e de la quale ne' tempi nostri per ancora non si è fatto meglio, né per avventura si farà in que' che verranno, come verbigrazia la lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore, e per grandezza, essa cupola, dove non solo Filippo ebbe animo di paragonar gli antichi ne' corpi delle fabbriche, ma vincerli nella altezza delle muraglie; pur si parla universalmente in genere, e non si debbe da la perfezzione e bontà d'una cosa sola, argumentare la ecellenzia del tutto. Il che della pittura ancora dico e de la scultura, nelle quali si vede ancora oggi cose rarissime de' maestri di questa seconda età, come quelle di Masaccio nel Carmino, che fece uno ignudo che triema del freddo, et in altre pitture vivezze e spiriti; ma in genere e' non aggiunsono a la perfezzione de' terzi, de' quali parleremo al suo tempo, bisognandoci qui ragionare de' secondi; i quali per dire prima degli scultori, molto si allontanarono dalla maniera de' primi, e tanto la migliorarono, che lasciorono poco ai terzi. Et ebbono una lor maniera tanto piú graziosa, piú naturale, piú ordinata, di piú disegno e proporzione, che le loro statue cominciarono a parere pressoché persone vive, e non piú , statue come le prime. Come ne fanno fede quelle opere, che in quella rinovazione della maniera si lavorarono, come si vedrà in questa seconda parte, dove le figure di Iacopo della Quercia sanese hanno piú moto e piú grazia e piú disegno e diligenza, quelle di Filippo piú bel ricercare di muscoli e miglior proporzione e piú giudizio, e cosí quelle de' loro discepoli.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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