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      Se già non volessimo noi dire che questi tali non dalla natura, ma da quello influsso , celeste che gli vuol conducere a 'l sommo, sono cavati de gli infelici paesi loro e condotti ancora in que' luoghi dove e' possino comodamente farsi immortali. Il che volendo condurre il cielo, adopera sí diverse vie che e' non si può assegnarne regola, inducendo alcuni, per via di amicizie o di parentadi, altri per esilii o per villanie fatteli da' suoi medesimi, altri per la povertà e per infinite cagioni strane, ad assentarsi da la patria. E certo che se da questi scherzi del mondo non fosse stato piú che oppressato Niccolò di Pietro aretino, e' non sarebbe già mai uscito di Arezzo, né mai averebbe acquistato gloria né fama, anzi, come un cartoccio di qualche eccellente seme, tenuto dalla dimenticanza dentro a la apertura d'un muro, sarebbe sempre stato perduto. Ma il cielo e quella buona fortuna sua, che lo voleva al tutto far grande, non essendo atta la città dove egli era nato, per non vi essere maestri che gli insegnassero a condurlo a 'l termine suo, oltra lo averlo fatto povero, lo fece talmente ancora ingiuriar da' parenti suoi che e' fu forzato andarsene altrove. Laonde arrivando in Fiorenza e seguitando lo instinto della natura, si pose alla arte dello scultore, dove esercitandosi del continovo, con fatiche non mediocri, sí per la povertà che lo assassinava, e sí per gli stimoli delle concorrenzie di altri giovani suoi equali, venne finalmente tanto eccellente, che onorò la patria e se stesso, e fece utile grandissimo a sé et a' suoi.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





Niccolò Pietro Arezzo Fiorenza