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      Operò diligenzia e grande amore nello ottavo quadro, dove egli fece quando Iosuè andò a Ierico, e volse il Giordano, e pose i dodici padiglioni pieni delle dodici tribú, figure molto pronte; ma molto belle sono alcune di basso rilievo, quando girando con l'arca intorno alle mura della città predetta con suono di trombe rovinano le mura e gli Ebrei pigliano Ierico; nella quale è diminuito il paese et abbassato sempre con osservanzia da le prime figure a i monti e da i monti a la città, e da la città ad il lontano del paese di bassissimo relievo, condotta tutta con una gran perfezzione. Veramente che Lorenzo di giorno in giorno si fece piú pratico in quell'arte, come egli si vide poi nel nono quadro quando nella occisione di Golia gigante al quale Davit taglia la testa con una fanciullesca e fiera attitudine, si vede rompere lo esercito de i Filistei da quello de Idio; dove Lorenzo fece cavalli, carri et altre cose da guerra con diligenzia. E cosí fece Davit che, tornando con la testa di Golia in mano, il popolo lo incontra sonando e cantando. I quali affetti sono tutti proprii e vivaci. Restò a far tutto quel che poteva Lorenzo nella decima et ultima storia, la regina Sab,ba quando visita Salemone, con grandissima corte; dove egli fece un casamento tirato in prospettiva, molto bello; e cosí tutte le altre figure simili alle predette storie, oltra gli ornamenti de gli architravi che li vanno intorno a dette porte, dove son frutti e festoni, fatti de la solita bontà. Nella quale opera, da per sé e tutta insieme, si conosce quanto il valore e lo isforzo di uno artefice statuario possa nelle figure quasi tonde, in quelle mezze, nelle basse e nelle bassissime, oprare d'invenzione ne' componimenti delle figure, e di stravaganzia di attitudini, nelle femmine e nelli maschi e di varietà di casamenti, nelle prospettive et oltre alle graziose arie di tutti i sessi, parimente osservato il decoro in tutta l'opera: ne' vecchi la gravità, e ne' giovani la legiadria e la grazia.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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