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      Laonde, per meglio adempiere la volontà e la deliberazione sua, colmò Donato nel nascere di maravigliose doti; et in persona quasi di se medesima lo mandò qua giú tra' mortali, pieno di benignità, di giudizio e di amore. Per il che, degnando egli ciascuno che operasse, o con diletto fare altrui operare si ingegnasse, lasciò sempre godere de le sue fatiche non solamente gli ami,ci suoi, ma e chi non lo conosceva ancora. Né regnò tirannia alcuna nella virtú che gli diede il cielo, riserrandosi a lavorare per le buche, acciò che i modi della bella maniera sua non gli fussino veduti operare; anzi lavorò egli sempre le cose sue apertissimamente, sí che ognuno le poté vedere. Fu sí grato, sí piacevole e tanto onesto in ciascuna sua azzione, che se il secol d'oggi lo pregia e venera cosí morto, molto maggiormente lo adorerebbe se e' fusse vivo. Atteso che, dove i moderni artefici sono oggi, per lo piú tutti pieni di invidia e di superbia, mescolata con una vana ambizione insolente, Donato era benigno, cortese, umile e senza alcuna riputazione; dove questi nuocono al prossimo, si sforzava egli giovargli sempre, lodando modestamente e con giudizioso respetto le cose de' suoi artefici. Felicissimi giorni e beati secoli che vi godeste tanta virtú e tanta bontà quando gli artefici buoni erano padri, amici, maestri e compagni a chi voleva imparare! Dicevano, ciò è mostravano gli errori a chi operava, ma dolcemente, e quando si poteva ancora ripararvi: ma non vi essendo riparo alcuno, non publicavano l'altrui vergogne.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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