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      Era in quel tempo fra' Bartolomeo da San Marco coloritore in quella terra bonissimo, del quale aveva Rafaello presa domestichezza piacendogli molto, per che egli ogni giorno visitandolo cercava assai d'imitarlo. Et acciò che meno avesse a rincrescere al frate la sua compagnia, gli insegnò Rafaello i modi della prospettiva, alla quale il frate non aveva piú atteso. Ma in su la maggior frequenzia di questa pratica fu chiamato Rafaello a Perugia, et egli vi andò, e quivi in San Francesco dipinse una tavola d'un Cristo morto che portano a sotterrare, la quale fu tenuta divinissima. E condusse questo lavoro con tanta freschezza e sí fatto amore, che a vederlo par fatto or ora; et imaginossi nel componimento di questa opera il dolore che hanno i parenti stretti nel riporre il corpo di quella persona piú cara, nella quale veramente consista il bene, l'onore e l'utile della loro famiglia. E certamente chi considera la diligenzia, l'amore, l'arte e la grazia di questa opera, giustamente si maraviglia, perché ella fa stupire ognuno, con la dolcezza dell'arie nelle figure, la bellezza de' panni e la bontà in ogni cosa. Finito questo lavoro se ne ritornò a Fiorenza, conoscendo l'utile dello studio che ci aveva fatto, et ancora trattovi dall'amicizia. E veramente per chi impara tali arti è Fiorenza luogo mirabile, per le concorrenze, per le gare e per le invidie, che sempre vi furono e molto piú , in que' tempi. Gli fu da i Dèi, cittadini fiorentini, allogata una tavola, che andava alla cappella dell'altar loro in Santo Spirito; et egli la cominciò, et a buonissimo termine la condusse bozzata.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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