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      E per questa cagione egli et i miglior vini, e le piú preziose cose che e' trovava, le voleva sempre per il vitto suo, tenendo molto piú conto della vita che dell'arte. E di continuo aveva a cena il Molza e M Gandolfo, e facevano bonissima cera. Era amico di tutti i poeti, e particularmente di M Francesco Berni, il quale gli scrisse un bellissimo capitolo, et esso , gli fece la risposta.
      Era morso da alcuni nell'arte, i quali dicevano ch'egli era gran vergogna, poich'egli aveva il modo da vivere, che non lavorasse et alcuna cosa di pittura facesse. Et egli rispondeva loro: "Ora che io ho il modo da vivere, non vo' far nulla, perché ci son venuti ingegni che fanno in due mesi quel ch'io soleva fare in due anni e che, se viveva molto, non andrebbe troppo che sarebbe dipinto ogni cosa. E da che essi fanno tanto, è bene ancora che ci sia chi non faccia nulla, acciò che eglino abbino quel piú che fare". E soggiugnendo diceva ancora che era venuto un secolo che i garzoni ne sapevano piú che i maestri e, chi aveva da vivere, bastasse a vivere allegramente perché non si poteva piú far nulla. Era molto piacevole e faceto, né fu mai il miglior compagno di lui. Era fra' Sebastiano tutto di Michele Agnolo; et in quel tempo, che si aveva a fare la faccia della cappella del papa, dove oggi Michele Agnolo ha dipinto il Giudicio, aveva fra' Sebastiano persuaso al papa che la facesse fare a olio da Michele Agnolo, che non la voleva fare se non a fresco; non dicendo né sí né no, si fece acconciare la faccia a modo di fra' Sebastiano.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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