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      Onde gli artefici gli hanno infinito e perpetuo obligo, avendo egli rotti i lacci e le catene delle cose, che per via d'una strada comune eglino di continuo operavano. Ma poi lo mostrò meglio e volse far conoscere tal cosa nella libreria di S. Lorenzo nel medesimo luogo, nel bel partimento delle finestre, nel ribattimento del palco e nella maravigliosa entrata di quel ricetto. Né si vide mai grazia piú risoluta nelle mensole, ne' tabernacoli e nelle cornici straordinaria, né scala piú commoda: nella quale fece tanto bizzarre rotture di scaglioni e variò tanto da la comune usanza degli altri, che ognuno se ne stupí. Mandò in questo tempo Pietro Urbano pistolese suo creato a Roma a mettere in opra un Cristo ignudo che tiene la croce, il quale è una figura miracolosissima, che fu posto nella Minerva allato alla cappella maggiore per M Antonio Metelli. Seguitò in detta sagrestia l'opera; et in quella restò par,te finite e parte no VII statue, nelle quali con le invenzioni della architettura delle sepolture è forza confessare che egli abbia avanzato ogni uomo in queste tre professioni. Di che ne rendono ancora testimonio quelle statue, che da lui furono abbozzate e finite di marmo che in tal luogo si veggono: l'una è la Nostra Donna, la quale nella sua attitudine sedendo manda la gamba ritta addosso alla manca con posar ginocchio sopra ginocchio, et il putto inforcando le cosce in su quella che è piú alta, si storce con attitudine bellissima in verso la Madre chiedendo il latte, et ella con tenerlo con una mano e con l'altra appoggiandosi si piega per dargliene.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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