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      Niobe delle nazioni, l’Italia doveva più d’ogni altra vedere i suoi figli condannati alle lagrime e ai tormenti.
      Il giorno 13 settembre del 1743 erasi a Vormanzia stabilito un trattato segreto fra la Sardegna, l’Austria e l’Inghilterra a danno di Francia e di Spagna. Secondo ragione e secondo giustizia, la Repubblica di Genova, che viveva neutrale tra le parti, non per nulla ci doveva entrare; ma la scoperta di un patteggiamento iniquo la trascinò.
      Quella Repubblica aveva da molto tempo, mercè lo sborso d’un milione e duecento mila pezze, comprato dall’Imperatore Carlo VI le sue ragioni di sovranità sul marchesato di Finale. Ora la figliuola dell’Imperatore per gratificare il re di Sardegna, di cui aveva bisogno, cedeva col trattato di Vormanzia la cosa venduta e legalmente comprata, senza partecipazione del compratore e con promessa solamente di restituzione del prezzo a carico di chi non aveva nè voglia, nè possibilità di pagare, cioè del re di Sardegna medesimo.
      Lo storico Carlo Botta, discorrendo di questo fatto, esclama: «Bene era serbarsi la montagna delle pezze, ma sarebbe stato meglio serbar la fede con conservare al compratore. Misera Genova, che era picciola! Il pianto più forte che presto faremo di lei, proverà sempre più che la miglior ragione è quella dei cannoni e che han fatto bene a scrivervela su.»
      Il patrizio Gian Francesco Pallavicino, legato in Allemagna, ebbe sentore della vendita e ne avvisò il Senato. Non poteva questo darsi a credere una cosa tanto enorme, posciachè la Repubblica non aveva offeso nessuno, standosene scrupolosamente neutrale; tuttavia mandò comando a Giuseppe Spinola e a Giambattista Gastaldi, il primo inviato straordinario presso la regina d’Ungheria, il secondo ministro presso il re d’Inghilterra, affinchè scrutassero ed informassero.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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