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      Settanta case furono rovinate o conquassate, e parecchi cittadini morti o feriti.
      Frattanto le armi della Repubblica colle borboniche invadevano il Milanese, entravano in Milano, mandando sempre più a precipizio le cose austro-sarde in Italia.
      Re Carlo Emanuele aveva nel trattato di Vormanzia introdotta una clausola, insueta sì ma che accettata dall’altra parte gli dava un diritto certo ed onorato, cioè che egli potesse scostarsi dall’alleanza, avvertendo tanti mesi prima. Quindi aveva il re libertà di trattare con Francia. Trattò, e ne risultarono una prima convenzione firmata il 26 dicembre 1745 a Torino, ed un armistizio firmato a Parigi il 17 febbrajo 1746, ed un progetto di pace definitiva, per cui dovevano rimanere Parma e Piacenza con alcune terre all’intorno all’infante don Filippo; il Milanese a Casa di Savoja; ed accresciuti a Genova, a Modena, a Venezia i loro possedimenti. Toscana sola toccava a Casa d’Astria; cosicchè tutt’Italia ne sarebbe rimasta indipendente alla fine, divisa tra principi italiani o che lo sarebbero diventati; e poi tutt’Italia doveva stringersi in lega a mantenere quella indipendenza.
      Quel negoziato non si conchiuse e si ruppe. Se fosse riuscito, ci sarebbe stato il fatto più bello di quella guerra. Erano dodici secoli che l’Italia mancava della sua indipendenza; ed in allora, libera di stranieri, piena di principati nazionali, avrebbe potuto mano mano venir edificando quella libertà ed unità che le costarono ad acquistarle di poi tanto sangue de’ suoi figli.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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