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      Ei venne fuori con un proverbio tedesco assai usitato in Vienna e che significa: «La cosa deve essere così.» Instarono i deputati, e il generale allora pronunciò questa parabola: «C’era una volta Thamas Kulikan, il quale voleva intraprendere la guerra contro il Signore dei Turchi. Era entrato senza ragione alcuna nell’imperio del Mogol e ne aveva trasportato immensi tesori e ricchezze immense, di cui si servì per sopperire alle spese delle meditate conquiste.» Tirando indi la cosa a Genova, il Botta soggiunse «che l’Imperatrice, regina d’Ungheria, faceva la guerra contro i Francesi e che lo stato di Genova considerava come il suo Mogol
      Così un Italiano per conculcare Italiani si serviva dell’esempio d’un Tartaro.
      Non trovata pietà veruna in uomini spietati, Genova si apprestava a cercare il milione. Creossi un magistrato di tredici membri, uno decorato della toga senatoria, il quale a tutti presiedeva, due della toga procuratoria, cinque eran patrizii ed altrettanti cittadini o popolani dei migliori, acciocchè ad un tristo, ma inevitabile ufficio attendendo, con un balzello ad arbitrio, ma con equità posto sui più facoltosi, raggranellasse il secondo monte di genovine. Ma vedendosi il denaro di gran lunga inferiore al bisogno, e maggior tempo richiedendosi per raccoglierlo di quello fissato da Chotek, il quale già minacciava sacco e rovina, fu forza di compire la somma col denaro estratto una seconda volta dalla cassa di San Giorgio.
      Al veder riaprire le porte del luogo che sacro a tutti doveva essere, immenso dolore s’aggiunse al dolore che già sì grave era nel cuore dei Genovesi.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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