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      Benedetto XIV, alle inaudite oppressioni ed angustie della Repubblica, si commosse. Scomunicare un generale apostolico sarebbe stata marchiana davvero; ma il pontefice, che al postutto non era tristo uomo, volle mettersi di mezzo tra Austria e Genova. Ordinò al suo nunzio in Vienna che caldamente si adoperasse presso Maria Teresa, affinchè si mostrasse clemente verso la Repubblica ligure. Il nunzio ebbe per risposta dalla bocca stessa dell’Imperatrice, che, in grazia delle preghiere del pontefice, si contentava di desistere dalla domanda del terzo milione. Il nunzio scrisse a Benedetto; questi alla Repubblica.
      I Genovesi già se ne rallegravano, quand’ecco Chotek, senza cui non era bene far conti, domandare colle solite minaccie il terzo milione; più un quarto milione per gli alloggiamenti invernali; più ducento cinquantamila fiorini per prezzo «clementissimamente» come disse, valutato dalla sua Imperatrice e padrona, di que’ magazzini di viveri che pel mantenimento delle soldatesche della Repubblica avrebbe dovuto essere in Genova all’arrivo degli Austriaci.
      Invero quegli appicchi militari per estorcere denaro erano cose incredibili e spaventose.
      I Genovesi, ingannati crudelmente, vennero allora in forse di loro medesimi, e temettero del totale sterminio della loro patria. I deputati tornarono da Botta, lo pregarono a muoversi a giustizia verso la desolata città, e gli dimostrarono l’impossibilità di soddisfare alle insaziabilità del commissario. Il generale lasciò capire che se in Genova non si trovava oro ed argento a sufficienza, mettessero i cittadini mano nei capitali che possedevano in Inghilterra, in Francia, in Olanda, in Italia, in Alemagna, e con essi soddisfacessero.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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