Pagina (38/131)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Per mostrare poi come fosse risoluto di eseguire ciò che aveva minacciato, diede ordine che gli uffiziali e i soldati vieppiù insolentissero. Laonde si videro questi bentosto girare baldanzosi per la città, ed insultare ai pacifici cittadini e ai tranquilli soldati della Repubblica. Visitavano le porte ed i posti dove ancor erano truppe genovesi, e bravavanle, e da loro imperiosamente richiedevano qual numero di gente abbisognasse per provvedere le necessarie sentinelle, affermando che presto sarebbero venuti a prenderne possesso.
      Soldati od uffiziali incontrandosi per le vie con soldati od uffiziali della Repubblica superbamente e con atti del maggior disprezzo li riguardavano. Notavano a voce alta gli Austriaci le case cui designavano al sacco. Alcuni uffiziali, portando al sommo la loro impertinenza, cavalcavano con barbarica iattanza nel chiuso ricinto di Porto Franco, dove, all’ombra del diritto comune delle genti e sotto la fede della Repubblica, stavano raccolte le ricchezze del commercio fra le nazioni, vantandosi che tutto quel tesoro era loro roba e che presto ne avrebbero pigliato possesso. Altri apposta andavano spargendo funeste voci, e profetizzavano che non passerebbero otto giorni che il sangue inonderebbe Genova, e che i mucchi dei cadaveri farebbero mostra ancor più terribile del sangue.
      «Furore che più non pensa, scrive lo storico Botta, furore che più non regge, gonfiava gli animi poco sofferenti dei Genovesi.» Era il caso in cui i versi immortali di Petrarca si dovessero tradurre in fatto:


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





Repubblica Repubblica Austriaci Porto Franco Repubblica Genova Botta Genovesi Petrarca