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      Il Botta non si rimosse dalla sua risoluzione.
      In fatti la mattina del giorno sei, verso le ore quindici italiane, si videro entrare per porta a San Tomaso cento granatieri austriaci colla baionetta in canna, scortanti una compagnia di guastatori destinata a levare il mortaio. Per la via di Prè erano quasi giunti presso a Fossello, il mercato dei commestibili, quando vennero accolti da una furia di sassate, lanciate loro di fronte dal popolo, che numeroso s’era venuto affollando al mercato, di fianco dalle finestre gremite di donne e di ragazzi, in guisa che, udito lo strano ronzio e sentite le disadatte percosse, più frettolosamente che non erano venuti, se ne tornarono al loro alloggiamento.
      Fuggiti gli Austriaci, il popolo, fatto ancor più numeroso per l’agglomeramento di nuova gente accorsa dagli altri rioni, era tornato al pubblico palazzo, minacciosamente chiedendo armi. Ad ogni senatore, che entrava, assordava le orecchie dicendo: « — Armi, armi ci vogliono, non parole. Dateci armi; se non vi volete salvare da voi altri, vi salveremo noi, e noi con voi.»
      Ma i padri, che avevano paura di essere salvati, saldi continuarono nel disdire la richiesta. Per non essere sforzati, fecero circondare il palazzo da doppie guardie, colle baionette in canna. Allora il popolo portò scale per salire alle alte finestre dell’armeria; ma i sopracciò fecero quelle scale portar via dalla soldatesca. Infrattanto mandarono nuovamente il Giovio al Botta per assicurarlo che essi non entravano per nulla nella sommossa.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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