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      Strana contesa; vigliacca da un lato, eroica dall’altro!
      Non potendo avere le armi da chi avrebbe dovuto senza domanda offrirle pel bene della patria, il popolo, acceso da un santo entusiasmo, si voltò a cercarle altrove. Corse alle varie porte e ai vari posti della città, e per forza strappò di mano alle guardie i fucili, dicendo loro che se ne facessero dare degli altri. Quindi pensando che ne potessero essere nelle case dei particolari, specialmente degli ufficiali, si portò la moltitudine a precipizio verso di quelle, e o sforzandone le porte, o scalandone le finestre, vi irruì, e si provvide. Adocchiò altresí le botteghe degli armaiuoli, e spezzandone le toppe s’impossessò di quante armi vi potè ritrovare, senza portar via alcuna altra cosa, o fare la minima violenza.
      Armato che fu alla meglio, si divise a squadriglie: una qua, una là, macchinando ciascuna a suo modo la meditata impresa.
      Gli Austriaci frattanto si erano fatti forti alla porta a San Tomaso. Vi avevano verso la città guardie raddoppiate e numerosissime, ed in particolare i due reggimenti Piccolomini e Andreasi. Fuori della porta, specialmente sulla piazza principe Doria, stavano attelate grosse forze, massime di Croati, Panduri e cavalleria.
      Due squadre di volontari della libertà, l’una per la strada di Prè, l’altra per l’Acquaverde, vennero contro San Tomaso, e quando furono a portata degli Austriaci, mandarono loro un saluto con una ben diretta scarica di archibugiate.
      Questo fu il primo segno di fuoco che accennava alla salute di Genova.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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