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      I popolani, malgrado quell’ingrato trattamento, e il grande bisogno che avessero di ripararsi contro il rovinío dell’acqua, non si portarono ad atti ostili, niuna porta sforzarono. Una sola ne aprirono, e fu quella de’ gesuiti in via Balbi, ponendo quivi il seggio dove si adunarono poscia le consulte e si resse la guerra.
      Per dare buon indirizzo ad un moto di tanta importanza, si passò alle nomine dei capi. A presidente del quartier generale venne creato Tomaso Assereto, detto l’Indiano, e Carlo Bava a mediatore generale delle milizie di campagna. Poi gli altri destinati per ciascun quartiere, e tutti subordinati al quartier generale, furono eletti Giambattista Ottone, paramentaro; Giuseppe Comotto, pittore; Giuseppe Tezzoso, merciaio; Camillo Marchini, scritturale; Duval e Muratti, mercanti; Francesco Lanfranco, mercante di formaggio; Carlo Parma, merciaio; Andrea Urbedo, detto lo Spagnoletto, calzolaio; Stefano e Domenico fratelli Costa, detti Grassini, tintori; Domenico e Francesco Sicardi, impresari de’ forni; Giuseppe Malatesta, detto il Cristino, facchino; Giovanni Carbone, aiutante di locanda; Lazzaro Parodi, calzolaio; Alessandro Gioppo, pescivendolo e Bernardo Cartassi. Avevano essi balía di fare quanto richiedesse la salute della Repubblica.
      Quegli oscuri uomini coi forti intelletti, colle callose mani, ma con cuori caldi ed anime sviscerate della libertà, si adoperavano e mettevano la vita a pericolo per la patria, mentre i tronfi patrizi, accovacciati nell’interno dei loro palazzi, lasciavano che la fortuna volgesse a suo talento quello Stato in cui essi avevano tanti onori e tanta potenza.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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