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      Provarono di sloggiarlo collo sparo degli archibugi, ma non vi riuscirono, difendendosi gli Austriaci con assai valore. A conseguire l’intento, voltarono una parte della vicina batteria dell’arsenale contro il campanile, dalla cui sommità il nemico fulminava, e lo diroccarono. Sassi, travi, campane e Tedeschi precipitarono a terra in un mucchio. Tra la rovina e lo spavento, i superstiti uscirono nella strada per ivi far battaglia. Debolmente combatterono, fortemente furono combattuti. Rimasero presi dal popolo, e condotti trionfalmente fra grida di gioia nel cortile del palazzo. I prigionieri mostrarono alla Signorìa come Genova per virtù del popolo risorgesse.
      «A furia, a furia, a San Tomaso, all’altura dei Filippini!» gridava il popolo lieto della sua vittoria.
      Fiera fu la lotta ai Filippini; più i soldati d’Austria resistevano, più i figli di Genova induravano la battaglia. In quel combattimento rimaneva morto da una scheggia di granata Giuseppe Malatesta uno dei principali capi del popolo, da noi più sopra mentovati. La morte del generoso uomo non rallentò punto il coraggio de’ suoi, anzi accrebbe a mille doppi il loro furore; tutti ansiosi di vendicare ad un tempo l’incontaminata vita.
      Dopo lungo ed accanito combattimento, durante il quale i Genovesi rinnovarono atti di antico valore, riuscì a questi di smontare al nemico un cannone che più degli altri bersagliava la via Balbi, per cui le loro artiglierie cominciarono a sopravvanzare. E specialmente quelle collocate a Pietraminuta, le quali in modo terribile folgoravano sulla porta, sulla piazza principe Doria e sulla tanto contesa altura dei Filippini.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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