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      Bello era il vedere come quella gente inesperta si opportunamente sapesse scegliere il bersaglio ed aggiustare i colpi.
      Il generale Botta era venuto raccogliendo buon nerbo di fanti e cavalli nella piazza principe Doria a rinforzo dei difensori della porta a San Tomaso e a impedire l’irrompere del popolo, qualora giungesse a superarla. Egli stesso presiedeva alle mosse e al pericolo. Lo scoppio in aria su quella piazza stessa, dove stava cinto dal suo stato maggiore, di una granata reale lanciata da un mortaio in Pietraminuta, il fece accorto non essere quello il luogo da sostare; onde col suo seguito s’incamminò più che di passo verso la Lanterna. Sempre eguali i generali d’Austria; essi non furono giammai troppo amanti dei pericoli.
      La gente mercenaria non potrà mai vincere la gente patria. L’amore della patria, oltre all’essere gran maestro di guerra, sa infondere nell’animo del popolo tale un coraggio che non può che essere soffio di Dio. La battaglia continuava terribile. Dalle vie Balbi, di Prè e da quella di Sottoriva, e da Pietraminuta, e dal monte Galletto, e dal Castellaccio, e dalla Darsena fecero i Genovesi tale urto, e fecero piovere tale fitta tempesta di palle e mitraglia, assordando l’aria colle grida di «Viva Maria! Viva Genova! viva la libertà!» che l’odiato nemico diessi a precipitosa fuga, lasciando in potere del popolo le posizioni dei Filippini e di San Tomaso, e molti morti, feriti e prigionieri. I soldati che si trovavano schierati nella piazza Doria s’affaticarono invano di resistere alla piena che contro di loro si riversava.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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