Pagina (64/131)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      La ligure regina era libera, libera per la virtù delle sue braccia, de’ suoi figli, capaci di romano ardimento, perchè amavano la loro terra, perché sopra ogni altro affetto stava in loro l’amor santo di patria.
      L’onda vivente, che aveva cogli impetuosi cavalloni rotto l’argine della schiavitù, si diffondeva per le vie della patria liberata, ed era un suono concorde di letizia, un grido unanime di riconoscenza a quel Dio che cogli oppressi combatte, e protegge i magnanimi ardimenti della conculcata innocenza. La natura istessa pareva sorridere al trionfo della giustizia, e il sole dardeggiando dal sereno cielo sul mare tranquillo faceva scintillare in grembo al mobile azzurro milioni di gemme. Le campane suonavano, ma non era più il tremendo rintocco delle battaglie, ma la voce maestosa dei festivi bronzi che l’eco delle vicine convalli recava sui passi del nemico fuggente.
      Nella gloriosa impresa tutti i popolani fecero il loro dovere. Ma ogni altro sopravanzò quel capo quartiere Giovanni Carbone già da noi citato.
      Esso era nato in bassa condizione, era un povero servitore nell’osteria della Croce Bianca, e non aveva che ventidue anni di età, ma era dotato di un gran cuore. Non solo colla mano, ma anco col senno molto si adoperò per la patria; imperocchè, quantunque ferito, fu sempre fra i primi là ove più ferveva la lotta. Questo coraggioso e dabben popolano, pugnando a San Tomaso, corpo per corpo, venutegli fra le mani le chiavi di quella porta, così grondante di sangue come era, si condusse a nome del popolo al palazzo, ove stavano i collegi radunati, e, al doge presentandole, disse queste memorande parole gravi di profondissimo senso:


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





Dio Giovanni Carbone Croce Bianca San Tomaso