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      Gli ecclesiastici dell’uno e dell’altro clero dimostrarono il medesimo zelo, essendosi i preti ordinati in diverse compagnie, le quali, finchè durò il bisogno, si adoperarono valorosamente in pro’ del pubblico. Anco i regolari di ogni ordine, così di cappuccio, come di berretta, prestarono un ottimo militare servizio, o alla guardia delle porte, o alla custodia della sontuosa fabbrica dell’Albergo, dove erano rinchiusi gli Austriaci prigionieri.
      I mezzi divini non si omettevano. Vedevansi frequenti e divote processioni, sì d’uomini che di donne, andare visitando ora questa, ora quell’altra chiesa, o recitando per le vie preci fervorose ad invocare l’aiuto di Dio, e l’assistenza di Maria, a cui Genova era devotissima.
      A perpetua memoria della riacquistata libertà, e ad onore di coloro che per essa avevano versato il proprio sangue, il popolo dell’abitatissimo quartiere di Portoria decise che l’avventuroso mortaio da cui era nato il primo rumore, il principio della liberazione, fosse solennemente riportato all’antica sua sede della Cava di Carignano, là donde le ladre mani austriache lo avevano levato.
     
      XIII.
     
      Volgeva l’8 gennaio 1747. Sin dall’alba Genova aveva un aspetto di festa. Mentre un popolo numerosissimo, azzimato e lieto, muoveva per il quartiere di Portoria, e i balconi e le finestre s’ornavano di tappeti e di bandiere, le campane d’allegrezza suonavano, strepitavano i mortaletti. Era quello il dì destinato al trasporto del mortaio.
      Sopra un carro indorato, tappezzato e adornato di fiori veniva collocato il famoso bronzo.


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Balilla
La cacciata degli austriaci da Genova (1746)
di Felice Venosta
Editore Barbini Milano
1865 pagine 131

   





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